Oggi i miei flussi di pensiero si
postano fuori Roma, nella bellissima Tuscia
perché durante le feste di Natale ho approfittato per godermi un po’ di
atmosfera medieval-fantasy e,
camminando lungo la via Francigena,
lungo i vicoli del magico quartiere San
Pellegrino di Viterbo, mi sono imbattuta in una “visione”.
Custodita dentro la Chiesa del Gonfalone è momentaneamente esposta “La Natività Mistica” di Ignaz Stern, un artista ancora tutto da scoprire, che fu attivo tra la
fine del Seicento e la prima metà del Settecento.
La cosa più bella è che il quadro sta
lì, generosamente offerto agli occhi
di chiunque voglia entrare dentro questa chiesa
barocca: nessuna barriera, nessun vetro impediscono di godere della visione da vicino delle pennellate che magicamente, per chi come me non sa
dipingere, hanno materializzato queste figure.
Allo sguardo del viaggiatore attento che sa cogliere le giuste occasioni per elevare lo spirito dal quotidiano tran
tran, è così che si mostrano i corpi di quei “personaggi” che hanno fatto la
Storia del mondo occidentale, sia per
chi crede e per chi non ha fede.
La pelle appare soffusa e i pori divengono gli invisibili passaggi da cui emanano essenze intimistiche.
Il disegno, morbido
e caldo, accentua la sinuosità delle figure ma è soprattutto il chiaroscuro
che mi rapisce, attirando il mio sguardo in un vortice dove tutto appare disgregato, avvolto nella
luce.
Con Ignaz
Stern ebbe inizio una stirpe di artisti che accompagnò a Roma il passaggio dal Tardo Barocco al Neo
Classicismo e al Romanticismo, un’epoca, quest’ultima, che avrà come protagonisti
i colori vividi, le atmosfere vaporose e il delicato sentimentalismo.
Contemplando “La Natività” si percepisce
la vibrazione, la musica e la sensibilità
del genio pittorico di Stern, dolce e
intenso allo stesso tempo.
Una Natività che venne dipinta nel 1724 e che fu concepita come un notturno dove, a lume di candela, si materializzano le visioni avute da Santa Brigida di
Svezia nella grotta di Betlemme.
Il momento rappresentato è quello in cui
Maria accoglie nelle sue braccia il
Bambino e rivolge il ringraziamento
a Dio, non pregando chinata però, ma volgendo gli occhi al cielo, ancora in preda agli ultimi effetti dell’estasi avuta prima del parto.
Delizioso è poi il puttino che bacia i piedini di Gesù Bambino e considero splendide
le atmosfere nordiche che avvolgono
la scena dentro sfumature nebbiose e
impalpabili:
“che coprono di rugiadosa cipria forme e colori, lasciando scorrere bagliori di luce che vincono l’oscurità
e si riverberano sulle carni” come descrive poeticamente il quadro Vittorio Sgarbi, tra l’altro il
proprietario dell’opera, che ha reso possibile il momentaneo prestito a Viterbo.
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